Vicariato Canonica/Cittiglio SEMAFORO VERDE – AGGIORNAMENTI

Numero 16 anno 2024.pdf
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L’INVITO di Gianpaolo Micolucci alla 46ª CONVOCAZIONE NAZIONALE DEL RNS

– Presentiamo l’invito di Gianpaolo Micolucci, Direttore nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo, a partecipare alla 46ª Convocazione Nazionale dei Cenacoli, dei Gruppi e delle Comunità del RnS, in programma presso la Fiera di Rimini dal 26 al 28 Aprile 2024. Per info e prenotazioni, visita il sito web “rinnovamento.org” OPPURE DON ENRICO BROGGINI, Parroco di Rancio e Responsabile del RNS della diocesi e del Gruppo di Cuveglio.

“Via Crucis in ricordo dei Missionari martiri”

Inaspettatamente, ci si ritrova a vivere esperienze che  rapiscono per la loro intensità e sostanza; a quel punto, il tempo scorre senza tempo e un ora passa senza che se ne abbia coscienza, anzi, in tutta schiettezza, si vorrebbe che l’orazione si perpetui e le testimonianze, raccontate con garbo e grande intensità, non si arrestino. È la sensazione che ieri sera, assieme a molte persone, ho vissuto nella chiesa di Cuveglio, in occasione della  Via Crucis in ricordo dei missionari martiri, proposta a tutto il nostro Vicariato,  Canonica/Cittiglio. Nascono, a volte, occasioni che parlano al cuore e mettono a nudo le nostre piccolezze, i nostri raggiri di piccolo cabotaggio, il nostro rincorrere illusioni e parole lontane da ciò che realmente ha un peso e un valore; ben vengano strattoni che ci riportano all’essenziale. SB.

Il Vescovo di Mogadiscio, Mons. Salvatore Colombo

“Missionario martire” ucciso dal regime di Barre.

Una delle testimonianze, riferita da don Massimiliano, ieri sera, durante la Via Crucis per i missionari martiri, ha riguardato il vescovo di Mogadiscio, Mons. Salvatore Colombo, ucciso da regime di Barre. Mi piace pubblicare, al proposito, l’articolo apparso su Avvenire, il 9 Luglio 2017. SB. https://www.avvenire.it/attualita/pagine/morte-del-vescovo-colombo-troppi-silenzi-sul-suo-omicidio

Il caso. «Troppi silenzi sull’omicidio del vescovo Colombo a Mogadiscio. Marco Birolini domenica 9 luglio 2017

È una storia dimenticata, sepolta sotto 28 anni di colpevole silenzio. Monsignor Salvatore Colombo, vescovo francescano di Mogadiscio, originario di Carate Brianza, fu assassinato il 9 luglio 1989 dietro la cattedrale della capitale somala. Un sicario lo sorprese al buio e gli sparò un colpo al cuore. Un delitto perfetto, senza colpevole né movente, su cui nessuno ha mai indagato. Non risulta infatti alcuna inchiesta aperta dalla magistratura italiana. La vicenda, dopo una fugace quanto inutile interrogazione parlamentare, scivolò nell’oblìo.

Padre Massimiliano Taroni quel giorno era presente. Era un seminarista di 23 anni, invitato dal vescovo a passare un periodo nella missione in Somalia. Fu tra i primi a soccorrerlo. «Eravamo in cattedrale, stavamo cantando l’Agnus Dei – ricorda –. All’improvviso sentimmo uno sparo fortissimo. Uscimmo e trovammo monsignor Colombo a terra. Mormorava e pregava: lo portammo in sacrestia su un’asse di legno. Morì in ambulanza, prima di riuscire ad arrivare in ospedale. Una fine da martire. Eppure…».

Padre Taroni si interrompe, pesa le parole ma stenta a trattenere l’amarezza. Da 28 anni un tarlo gli logora l’anima: nessun magistrato ha mai ascoltato la sua testimonianza e i suoi tentativi di far luce sull’omicidio si sono sempre scontrati contro un muro di gomma. «Fin dal mio rientro in Italia ho subito avuto la sensazione che di questa storia si dovesse parlare il meno possibile. E pensare che monsignor Colombo è rimasto 42 anni in Somalia ad aiutare i poveri. Durante la guerra dell’Ogaden si adoperò per procurare cibo e alimenti: grazie a lui si salvarono decine di migliaia di persone». Nonostante tutto il bene fatto, nessuno in tutti questi anni ha tentato di rendergli giustizia. «Le stranezze all’epoca furono tante. Il killer, un somalo, era già stato in cattedrale il mattino: il custode lo aveva riconosciuto. Venne per parlare con monsignor Colombo e si trattenne con lui mezzoretta. Tornò la sera, e il guardiano lo lasciò passare. Tentò di rincorrerlo dopo l’agguato, ma era buio pesto. Fu un’esecuzione pianificata, l’obiettivo era proprio il vescovo». Padre Massimiliano è netto: «Si è detto che nel mirino potesse esserci monsignor Giorgio Bertin (attuale vescovo di Gibuti, all’epoca vicario di Colombo, ndr), ma è impossibile. Era in vacanza da due mesi. Un altro mistero: il bossolo non è mai stato trovato. E la polizia somala indagò in modo singolare: nei giorni successivi continuarono a farci domande strampalate, che non c’entravano nulla ». Possibile che monsignor Colombo, con la sua attività caritatevole, concentrata su microprogetti concreti, si fosse fatto dei nemici? «Lui era un tipo molto diplomatico, ma dal carattere fermo. Perciò era scomodo. Non si fidava di chi gli stava attorno, mi raccomandava sempre di non parlare mai di questioni politiche a cena, di fronte al personale somalo. Il regime di Barre lo controllava, si percepiva. Le spie si nascondevano anche tra i mendicanti fuori dalla cattedrale».

Cercare indizi nell’archivio della missione, forse, avrebbe potuto aiutare a risolvere il mistero. Ma nessuno si preoccupò di consultare le carte del presule, né di metterle in salvo quando scoppiò la guerra civile. Tutti i documenti andarono distrutti nel 1991, quando la cattedrale fu rasa al suolo. I resti di monsignor Colombo, che lì erano stati seppelliti, furono profanati e dispersi. Quel che ne rimaneva fu pietosamente recuperato dai paracadutisti italiani e traslati nel Santuario di Sant’Antonio, accanto al convento dei francescani di via Farini, a Milano. Dove la mamma lo accompagnò, ancora ragazzo, quando le disse che voleva farsi frate. Fra’ Mario Vaccari, vicario provinciale dei frati minori del Nord Italia, sottolinea l’attualità del suo sacrificio: «La vicenda di monsignor Colombo è un esempio per tutti noi, in particolare per i giovani frati. Ci ricorda che siamo un ordine missionario: san Francesco ci ha detto di andare dove gli altri non vogliono, senza paura di rischiare la vita. La testimonianza di monsignor Colombo alza la qualità della nostra scelta, invitandoci a non imborghesirci né ad accontentarci del solito tran tran».

«I mandanti avevano a che fare con l’Italia»

Chi ha ucciso il vescovo Colombo? La domanda, 28 anni dopo, resta senza risposta. Una possibile pista, ricostruita da Avvenire, potrebbe celarsi dietro le tante ombre della cooperazione italiana in Somalia. Nel ’99, testimoniando al processo per l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin (il caso è stato archiviato pochi giorni fa), l’ex agente dei servizi Aldo Anghessa fu perentorio: «Monsignor Colombo era contro la Giza». Cioè una delle maggiori imprese italiane in affari con il regime di Barre. Un rapporto molto stretto, da cui nacquero la Gisoma e la Shifco. La prima operava nel settore zootecnico, la seconda nella pesca. Entrambe erano gestite da Omar Said Mugne, potente uomo del regime. Sulla flotta Shifco (rilevata dopo un anno da altri italiani) gravò a lungo l’ombra del traffico d’armi. Ilaria Alpi indagava proprio su questi sospetti, mai però dimostrati in un tribunale nonostante la valanga di dossier dei servizi e le inchieste giornalistiche. La Gisoma, principale beneficiaria dei fondi elargiti dall’Italia (nel 1983 ottenne un finanziamento di 50 miliardi di lire), costruì invece una conceria. Anche monsignor Colombo ne progettava una.

L’8 marzo 1995 Piero Ugolini, ex coordinatore della cooperazione in Somalia e autore di un dossier scottante sul tema, parlò alla Commissione parlamentare d’inchiesta di «una possibilità di concorrenza» che qualcuno potrebbe aver voluto «stroncare »: «È evidente che il vescovo aveva un elemento di forza nella capillarità dei suoi contatti con i pastori, poteva avere le pelli mentre la Giza non le ha mai avute». L’impianto costruito con i miliardi italiani finirà infatti per non funzionare mai, come annotato sui taccuini della stessa Alpi. La Giza, passata più volte sotto la lente dei giudici proprio per il suo ruolo in Somalia, in seguito è fallita (dopo tanti anni non è stato possibile sentire la versione degli ex vertici, ndr).

DON FILIPPO MACCHI SALUTA PRIMA DELLA PARTENZA PER LA MISSIONE IN MOZAMBICO

La seconda esperienza, proposta a tutto il nostro Vicariato Canonica/Cittiglio, in questa Quaresima 2024, l’abbiamo vissuta ieri sera a Gemonio, incontrando e salutando don Filippo Macchi in partenza, dopo un breve periodo di vacanza, per la missione in Monzambico.Che dire? Appuntamento di pregevole annuncio, di grande affetto, di straordinaria partecipazione, di una presenza scelta e voluta da parte delle persone.A don Filippo un in bocca al lupo e la speranza di poterci ritrovare nei prossimi anni con lo stesso entusiasmo e lo stesso spirito. Grazie per la sua testimonianza. dSB.

VICARIATO CANONICA/CITTIGLIO “24 ORE PER IL SIGNORE” Malgrado la pioggia, sono state veramente molte le persone che si sono recate nell’antica chiesa di San Pietro a Gemonio per un momento di adorazione.

 IL CONSIGLIO DI VICARIATO – COMPOSIZIONE

Sacerdoti

Don Feliciano Rizzella – Don Massimiliano Taroni – Don Livio De Petri – Don Mario Zappella

Don Enrico Broggini – Don Valerio Livio  – Don Loris Flaccadori -Don Silvio Bernasconi

Padre Marco Panzeri -Padre Marcello Finazzi – Don Siro Invernizzi

Diaconi

Giovanni Cavazin – Salvatore La Sala

Laici

Ministero Liturgia: Maria Gabriella Piotto – Maria Dellea

Ministero Catechesi: Luisa Triacca – Mariangela Sartorio

Ministero Famiglia: Enrico e Alessia Maccianti

Ministero Giovani: Lucrezia Zezza – Giulia Zacchia

Ministero Missioni: Angela Pili – Rossella Bergomi

Ministero Caritas: Vilma Rossi – Bossi Claudio

Sinodali

Paola Bonati – Giampietro Margheritis – Luca Velati